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Vitaliano Trevisan: la lottizzazione

«Quel certo non so che nello sguardo e nell’atteggiamento, nel modo di camminare, di parlare, di pensare, che fa sì che ognuno pensi e parli per sè e solo per sè, e agisca solo per sè, e costruisca per sè, frazionando per sè e lottizzando per sè, e naturalmente, con la benedizione di santa madre chiesa, per la sua famiglia. E il risultato di questo pensare per sè, e per la propria famiglia, pensavo guardando la finestra, ce l’avrò sotto gli occhi tra poche ore, sotto forma di un territorio ormai completamente distrutto, snaturato, frammentato. E ogni volta che torno, pensavo, lo trovo ancora più distrutto, ancora più snaturato, ancora più frammentato. Ormai si è giunti alla lottizzazione degli interstizi. Del resto, se uno sale sui colli Berici, o sui Lessini, o sui Proto-Lessini, o sull’altipiano di Asiago, o sulle piccole Dolomiti, o sugli Euganei, e guarda giù, verso la pianura, e vede tutte quelle fastidiose intrusioni di verde, non può fare a meno di chiedersi perchè. In fondo, si tratta di una grande città, divisa in piccole parrocchie e parrocchiette, che essendo formate da comunità di esseri umani che pensano solo per sè, e per la propria famiglia, pensano anch’esse per sè e solo per sè» (p. 127-8)

• Vitaliano Trevisan, Il ponte. un crollo, 2007, Giulio Einaudi editore, Torino

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