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Jeanne e le altre a Port-en-Bessin

La Jeanne è un massiccio dundee, il cui acquisto da parte del giovane Henri Chatelard, è la scusa per essere quasi ogni giorno a Port-en-Bessin, in particolare al Caffè della Marina, dove lavora la diciasettenne Marie Le Flem, che lo ha colpito, anche se tutti la chiamano «Acqua cheta» [GS 1938, p. 15], «perchè non si sapeva mai quello che pensava» [GS 1938, p. 59 e 118]. Il peschereccio non uscirà mai dal porto, per i lavori di manutenzione in corso. C 1207 era il numero di immatricolazione [GS 1938, p. 132] e Port-en-Bessin, il «porto di attracco». [GS 1938, p. 36]

«Incontestabilmente [La Marie del porto di Georges Simenon] è uno dei suoi libri migliori, scritto nel momento in cui aveva deciso di ritirarsi dalla vita mondana per vivere a contatto con la gente rude del porticciolo di Port-en-Bessin, dove si svolge l'azione» [Eskin 1987, p. 170], scritto nell'ottobre del 1937, soggiornando presso l'Hôtel de l'Europe, sulla quai Félix Faure, di fronte al ponte girevole, che tanta parte avrà nel romanzo. [Eskin 1987, p. 414]

L'attività e i ritmi del porto, nonchè le caratteristiche navali vengono evidenziate presentando altre barche, verosimilmente non molto diverse.

La Marie-Jésus viene ricordata da Henri Chatelard, come la barca da pesca dove lavorava [GS 1938, p. 32], prima di ereditare dallo zio un caffè e un cinema a Cherbourg, città marittima a meno di cento chilometri da Port-en-Bessin, sull'estremità della penisola di Cotentin, che si protende nel canale della Manica. Una grande città, con tram, piena di negozi e botteghe, la stazione ferroviaria. [GS 1938, p. 99]

La Vierge des Flots è un battello «che andava a pesca di pettini [cappesante, NdA] dalle parti di Dieppe». [GS 1938, p. 52]

La Émilie viene citata perchè il meccanico di bordo Paul era stato coinvolto in una rissa cui parteciparono alcuni membri dell'equipaggio di una carboniera inglese che aveva fatto scalo a Port [GS 1938, p. 53], un fatto violento che fece impressione nella tranquilla comunità di pescatori.

La Sœur-Thérèse è il battello dove si imbarcherà come marinaio Vian, lo sfortunato proprietario della Jeanne [GS 1938, p. 62] e padre di Marcel [GS 1938, p. 37], altro vertice del triangolo sentimentale del romanzo. Compare quando esce in mare nonostante il tempo e, in particolare, la scarsa visibilità. «Dall'avamporto pareva che dal mare aperto accorresse una cortina di fumo e le banchine furono le prime a offuscarsi, seguite dalle scogliere; una mezz'ora più tardi, tutti avevano assunto l'andatura esitante che si adotta nella nebbia». [GS 1938, p. 61]

Per gli appassionati di modellismo è disponibile una Marie Jeanne. Si tratta di un thonier dundee un'evoluzione specialistica delle barche armate con la sciabica: imbarcazioni ancora più robuste e che tengono il mare grosso. «Negli anni in cui la pesca del tonno cominciò a diffondersi, si usavano inizialmente barche costruite in realtà per altri propositi e quindi poco adatte per un'attività così spericolata: spesso queste barche erano troppo tozze, troppo lente e scarsamente maneggevoli. Più tardi si impiegarono delle scialuppe più agili, che però con le loro venti tonnellate risultavano troppo deboli. Man mano cominciò a delinearsi come più appropriato un tipo di imbarcazione detto “Dundee”, abitualmente avente una stazza di 50 - 60 tonnellate e con un equipaggio di circa dodici uomini. La Marie Jeanne è un tipico esempio di questa classe di barche». [BB 2017]

• Fonte dell'immagine: Billing Boats Aps, Marie Jeanne, in billingboats-direct.com , [BB 2017]. Il modello è caratterizzato dalle lunghe canne per la pesca dotate ognuna di più lenze. L'assetto navale è a yawl , l'albero di mezzana è situato a poppavia (anziché a pruavia) dell'asse del timone.

Gli equipaggi

«A bordo erano in sette» [GS 1938, p. 123], compreso Viau «come semplice pescatore» [GS 1938, p. 36]; questo è l'equipaggio della Sœur-Thérèse. Per la Jeanne, nel momento che Chatelard deciderà di uscire in mare, «per la costa inglese» dopo i lavori, «occorreranno cinque uomini più un mozzo» [GS 1938, p. 139], oltre a Dorchain, il "maestro" capitano, ai suoi «ordini in attesa di passare l'esame ...» [GS 1938, p. 140]. Così perchè Chatelard «aveva cominciato come pescatore, e per via dell'esame di calcolo non era mai riuscito a diventare capitano» [GS 1938, p. 36]. Queste informazioni sulla consistenza quantitativa e qualitativa dell'equipaggio confermano che si tratta di grosse barche da lavoro, pescherecci a due alberi (maestro e mezzana), di una ventina di metri di lunghezza, che stavano fuori – in mare – minimo otto giorni. [GS 1938, p. 123]

La Jeanne

Per settimane la Jeanne era stata ormeggiata «di fronte all'officina meccanica di Jacquin. Sul ponte c'era sempre gente» [GS 1938, p. 30]: sono le maestranze incaricate dei lavori di riparazione e di manutenzione. «i carpentieri che lavoravano sul ponte e nella stiva, i meccanici che revisionavano il motore e installavano un nuovo argano» [GS 1938, p. 32]. In particolare un giorno «la Jeanne era stata portata in secca in fondo al porto e l'acqua, ritirandosi, aveva lasciato la barca all'asciutto sui lastroni coperti di muschio verde. Contro la sua chiglia si stagliavano, più basse, sagome di uomini affaccendati e sul fuoco il catrame di carbone bolliva in una marmitta spandendo un virile odore di bitume» [GS 1938, p. 63] E ancora i «carpentieri che piantavano chiodi, mentre i meccanici finivano di mettere a punto il motore». [GS 1938, p. 63-4]

«Solo il motore era costato trecentomila franchi cinque anni prima». [GS 1938, p. 21]

«La Jeanne restava ormeggiata al medesimo posto, dipinta di nuovo, con la sciabica in ordine sul ponte» [GS 1938, p. 132] Dorchain ci dormiva a bordo, sin dall'acquisto [GS 1938, p. 53], «come quei tizi che abitano sulle vecchie chiatte in riva ai fiumi». [GS 1938, p. 132]

Aveva apportato una modifica all'aspetto esteriore sulla «sua prua due triangoli gialli» [GS 1938, p. 132]: «cosa effettivamente ridicola ?». [GS 1938, p. 73] Una stravaganza per i residenti che non mancavano di controllare i lavori e «quel giallo che Chatelard aveva scelto per la prua, al posto del celeste che c'era prima, li scandalizzava». [GS 1938, p. 64]

La pesca, le reti

Ci aiuta una novella di Guy de Moupassant nel definire l'assetto velico e delle reti impiegate, dandone una descrizione che denota una notevole conoscenza della vita sul mare. «Quando la brezza è fresca e l'onda breve, la barca comincia a pescare. La rete è fissata lungo una grande asta di legno rinforzata di ferro che viene calata per mezzo di due gomene che scorrono su due rulli, alle due estremità dell'imbarcazione. E la paranza, andando alla deriva sulla corrente, sottovento, si trascina dietro quest'apparato che devasta e sconvolge il fondo del mare» [GDM 1883, p. 828] «La paranza è la barca da pesca per antonomasia. Solida da non temere alcun maltempo, con la pancia tonda, sballottata continuamente dalle onde come un tappo, sempre in giro, sempre frustata dai venti aspri e salati della Manica, batte il mare, infaticabile, con la vela gonfia, trascinando sul fianco una gran rete che raschia il fondo dell'oceano, stacca tutti gli animali che dormono fra le rocce, i pesci piatti incollati alla sabbia, i granchi pesanti con le tenaglie adunche, i gamberoni coi baffi a punta» [GDM 1883, p. 827-8] Così Guy de Moupassant illustra la dotazione di bordo, in una novella che ha al centro un incidente occorso ad un membro dell'equipaggio, proprio gettando la sciabica perderà un braccio, mentre il mozzo della Jeanne «si era visto portar via la gamba da un cavo di acciaio nel momento in cui viravano la sciabica» [GS 1938, p. 18]

• Fonti delle immagini, da sinistra: 1) Port-en-Bessin - Barque de Pêche sortant du Port, cartolina postale, 5, AD [Alexandre Dubosq], 167 [Rodrigue 2017]; 2) Prospetto di paranza, voce «paranza», in treccani.it (Enciclopedia on line), URL consultato il 21 febbraio 2017

Port-en-Bessin

Due dozzine di belle immagini d'epoca sono nel lavoro di Dona Rodrigue, molte di più nel sito ak-ansichtskarten.de , un'altra bella raccolta è quella di Any Allard (2014). Sono per lo più cartoline postali frutto del lavoro di sensibili fotografi, tra cui merita un cenno particolare Alexandre Dubosq, vissuto a cavallo dei secoli XIX e XX, veramente di casa in quei luoghi essendo nato nella vicina Bayeux, luogo di lavoro di Marcel Viau che nello «studio di un architetto passava le giornate a fare cianografiche» [GS 1938, p. 37], e vissuto nella limitrofa Commes. Qui svolgerà oltre alla funzione di abate, una significativa attività di fotografo, passando dalla fotografia alle cartoline postali, nel contempo sperimentando vari generi, come il reportage, il ritratto, le prese stereoscopiche, la messa in posa. [SD+BC 2002]

L'attrezzatura portuale di Port-en-Bessin come oggi appare è il risultato di una lotta secolare con il mare. In estrema sintesi e per quanto riguarda le componenti citate nel romanzo si può delineare la seguente cronistoria: 1) Le port des évêques (Louis de Harcourt): alla fine del 1400, scavo del bacino circondato da mura e protetto da due moli in pietra a secco rivestiti in legno, ponte - chiusa in pietra a sette archi, ogni arco era provvisto di una valvola di regolazione / separazione. [Poplu 1878a] Nei primi decenni del 1600 il porto insabbiato e ostruito, è abbandonato dalle navi e dai pescherecci; 2) Le canal: nel XVIII secolo parallelamente all'idea del porto, viene considerata l'opportunità di realizzare un canale che risolva i problemi idraulici dei due fiumi Aure e Drôme, e quindi garantisca sicuri collegamenti tra Port e la vicina Bayeux; 3) L’avant-port (1845 - 1864) [ADC XIX], 4) Le premier bassin (1866 - 1880) [Poplu 1878b], 5) Le second bassin (1882 - 1886), 6) Nei primi anni del 1900 viene ipotizzata la costruzione di un terzo bacino, poi realizzato diversamente negli anni Settanta. [Allard 2017] [Legrand 2008]

La storica Any Allard parla di una vera lotta secolare su più fronti (della geomorfologia istituzionali, i principali) per disporre di un porto [Allard 2017], mentre Marie-Pierre Legrand, ricercatrice presso l'Universitédu Havre, coglie i nessi tra progettazione portuale e sviluppo urbano, fino a concludere che «un projet de port devient un projet d'urbanisme». [Legrand 2008]

Di questa competizione abbiamo un testimone privilegiato, un insegnante comandato in quel paesino di pescatori da sempre, che esercita nei vicini piccolissimi edifici delle «École des filles» e «des garçons» [Poplu 1878a], che non manca di indicare in uno dei due preziosi elaborati cartografici [Poplu 1878b] conservati presso Les Archives Départementales Calvados. Essi danno ragione della sua preparazione pluridisciplinare – diremo oggi – ma che non nasconde la passione per il luogo certamente connotato da un vivissimo genius loci. Un luogo che ha nel toponimo la sua propensione o vocazione, l'interruzione delle falesie con in sommità «una distesa sconfinata di prati a pico sul mare», ha favorito il minuto insediamento «di case, le une sulle altre più che le une accanto alle altre» [GS 1938, p. 13] e, nei secoli, l'espandersi dell'attività di pesca e, per essa l'esigenza di un approdo sicuro, un rifugio, difficile da conseguire per il regime dei venti e l'ampiezza delle maree. Dei primi vi è documentazione fotografica almeno in due cartoline postali di Alexandre Dubosq [Rodrigue 2017]: il «coup de mer» [29, AD 191] e la «tempête» [19, AD] rendono perigliosa la navigazione anche all'interno dei moli, oltre che il passaggio tra l'avamporto e i bacini; la periodicità del secondo fenomeno si presenta fin dalla prima pagina del romanzo quando solo l'alta marea consentirà ai pescherecci di lasciare l'avamporto per le – più riparate – banchine dei bacini interni, oppure il giorno in cui «La Jeanne era stata portata in secca in fondo al porto e l'acqua, ritirandosi, aveva lasciato la barca all'asciutto sui lastroni coperti di muschio verde». [GS 1938, p. 63]

L'avamporto, il molo con il mercato del pesce

Viene riconosciuta come zona di precario rifugio o di attesa del momento idoneo per poter entrare in sicurezza – una volta aperto il ponte girevole «tra i due muri di pietra» [GS 1938, p. 48] – nel «bacino del porto» [GS 1938, p. 21 e 137] dotata di banchine di carico / scarico, nonchè per l'ormeggio della flotta. [GS 1938, p. 9]

In poche parole «una diga a destra, una a sinistra, che si riunivano quasi nel mezzo permettendo a malapena a una barca di passare ... Poi due piccole luci lampeggianti, una sopra l'altra, a mostrare il canale navigabile ... Da una parte e dall'altra, la scogliera ...» [GS 1938, p. 129-30]: questo era l'avamporto. Verso il centro dell'avamporto un'altra diga o, meglio, un molo, un luogo dove i nostri due vanno a parlare passeggiando «Avanzavano verso l'estremità della diga e con i piedi calpestavano le reti distese» [GS 1938, p. 137]. Quando arrivò la prima volta, Chatelard «con le mani in tasca, passeggiò sul molo e poi sulla diga». [GS 1938, p. 12] Sul molo si svolge la vendita all'asta della Jeanne, che nelle mani di Viau aveva avuto varie vicissitudini. [GS 1938, p. 18-9]

• Fonti delle immagini, da sinistra: 1) Georges-Pierre Seurat (1859-1891), Avamposto a Port-en-Bessin, alta marea, 1888, olio su tela, 67 x 82 cm, Paris, Musée d'Orsay, in musee-orsay.fr , URL consultato il 21 febbraio 2017; 2) Port-en-Bessin (Calvados). - Vue d'ensemble - La Ville, l'Epi e la Poissonnerie, cartolina postale, 69, AD 726 [Alexandre Dubosq (Bayeux, 1856 - Commes, 1946) abate e fotografo], in ak-ansichtskarten.de , URL consultato il 21 febbraio 2017; 3) Port en Bessin, aerofotogramma, fine della Seconda guerra mondiale, in ww2museum.eu (The WW2 Research site), URL consultato il 21 febbraio 2017

Il disegno del porto

Se non bastassero le prime pagine del romanzo, che introducono il lettore a Port-en-Bessin, tra le migliori dell'arte descrittiva di Simenon [Eskin 1987, p. 171], lo stesso ne propone una visione planimetrica a cura del co-protagonista. «Succedeva sempre più spesso [che il cameriere del bar riconoscesse] da lontano il disegno prima ancora che fosse terminato. [...] ben presto scovava in una tasca un mozzicone di matita, e il disegno cominciava, sempre lo stesso, sempre tracciato nell'identica maniera. Iniziava con un cerchio, interrotto verso l'alto, che comunicava in basso con una specie di corridoio che finiva in un quadrato. [...] in certi punti Chatelard vi aggiungeva una quantità di accenti circonflessi, e nessuno avrebbe certo potuto indovinare che rappresentavano delle case. Tutto l'insieme raffigurava Port-en-Bessin, con l'avamporto, il canale interrotto da un ponte girevole e il bacino portuale.» [GS 1938, p. 125-6] Poco più avanti Simenon ne fornisce una sintetica quanto esauriente descrizione funzionale: «una diga a destra, una sinistra, che si riunivano quasi nel mezzo permettendo a malapena a una barca di passare ... Poi due piccole luci lampeggianti, una sopra l'altra, a mostrare il canale navigabile ... Da una parte e dall'altra, la scogliera ... L'uomo del ponte con la sua cerata che usciva dall'ombra a qualunque ora della notte per girare la manovella ...» [GS 1938, p. 129-30], con la precisazione che «Le scogliere, da una parte e dall'altra del porto, erano muraglie grigie con in cima un po' di vegetazione gialliccia che sembrava una malattia e, lontanissimo, un campanile a punta.» [GS 1938, p. 59] La manovella era collegata ad un ingranaggio meccanico che tendeva una fune o catena terminante con «un pesante gancio di ferro, il gancio del ponte [...]. Una massa nera scivolava nel canale con una luce rossa e una verde che sembravano sfiorare le case» [GS 1938, p. 48] «a livello della banchina, a livello delle case si sarebbe detto [...].» [GS 1938, p. 9]

Il ponte girevole

• Fonti delle immagini, da sinistra: 1) Georges-Pierre Seurat (1859-1891), Il ponte di Port-en-Bessin, 1888, olio su tela, 67 x 84,5 Minneapolis, Institute of Arts, 2) Port-en-Bessin. - Le Pont Tournant, cartolina postale, 24, ND Phot [Etienne Neurdein (1832-1918) e suo fratello Antonin (1845-1914), figli di Jean Adolphe César Neurdein (dit Charlet) lui stesso fotografo]. [Rodrigue 2017]

Il ponte per il fatto di essere girevole diventa un momento di divisione – solo per la gente, mentre aperto collega il porto con l'oceano – e allo stesso tempo – chiuso – un essenziale collegamento tra le due lunghe banchine che delimitavano il bacino. Il ponte diventa un luogo centrale, di riunione, «dove stavano gli altri, tutti i marinai di Port che in quel momento non erano in mare» [GS 1938, p. 60]

Un vero dispositivo di cui l'Autore si serve per scandire i tempi della narrazione, riportandone l'acustica quando Marie «oltrepassò il ponte girevole sul quale rallentò istintivamente il passo, perchè il ponte era rumoroso» [GS 1938, p. 46]. Nel silenzio della sera «Si udiva il respiro del mare, il rumore delle onde contro le banchine, il cigolio dei bozzelli» [GS 1938, p. 40] «Il ponte era aperto. Per passare [Marie e Chatelard] dovevano attendere» [GS 1938, p. 138] oppure quando per i saluti c'era «il tempo di aprire il ponte» [GS 1938, p. 141]

 

[GS 1938] Georges Simenon, La Marie del porto, Adelphi Edizioni, Milano 1992 (Tit. orig. La Marie du port, 1938, Trad. Gabriella Luzzani). Prima pubblicazione in Italia, Mondadori, Milano 1949, trad. Giorgio Monicelli.

[Allard 2017] Any Allard, La construction du port [di Port-en-Bessin]: un combat , in portenbessin-huppain.fr , URL consultato il 21 febbraio 2017. Per altri scritti dell'Autrice sulla cittadina portuale, cfr. anystoire.blogspot.it

[BB 2017] Billing Boats Aps, Marie Jeanne “580” Building Instruction, versione in italiano alle pag. 14 e 15, in billingboats.com , URL consultato il 21 febbraio 2017

[Rodrigue 2017] Dona Rodrigue, Port-en-Bessin (Calvados) , in La Normandie ... Autrefois ... , in alphonsine.ek.la , URL consultato il 21 febbraio 2017

[GDM 1883] Henri-René-Albert-Guy de Maupassant, In mare, 12 febbraio 1883, in Guy de Maupassant (a cura di Mario Picchi), Tutte le novelle, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1993, Volume primo.

[LEONC 2009] Les éditeurs de cartes postales du bassin d'Arcachon - Collections ND. Phot, 15 ottobre 2009, in leonc.fr , URL consultato il 21 febbraio 2017

[Legrand 2008] Marie-Pierre Legrand, Un port de pêche: Port-en-Bessin et ses aménagements, in Annales de Normandie, 58ᵉ année, n°3-4, 2008, pp. 131-155, in persee.fr , URL consultato il 21 febbraio 2017

[SD+BC 2002] Serge Davide e Bernard Chéreau, Alexandre Dubosq photographe, de l'istant à l'éternité, Edition Cahiers du Temps, Cabourg, 2002

[Eskin 1987] Stanley G. Eskin, Simenon. A critical biography, trad. in it. a cura di Gianni Da Campo, Georges Simenon, Marsilio, Venezia 1996, da cui citiamo.

[ADC XIX] Plan di Port de Port-en-Bessin [quello che sarà l'avamporto], fine XVIII - inizio XIX secolo, scala 1:1000, in archives.numerisees.calvados.fr (Les Archives Départementales Calvados, Cartes et plans), URL consultato il 21 febbraio 2017. La pregevole carta, che rappresenta in planimetria l'avamporto progettato e una limitata fascia costiera, riporta lo stato d'avanzamento della realizzazione: in rosso i lavori da fare, in giallo quelli eseguiti, in bianco i restanti in corso o già programmati. La situazione indicata risale verosimilmente agli anni 1850-60, non c'è traccia dei bacini e l'opera ha un'unitaria concezione d'ingegneria.

[Poplu 1878a] G.(?) Poplu [Instituteur à Port-en-Bessin], Commune de Port-en-Bessin, 1878, in archives.numerisees.calvados.fr (Les Archives Départementales Calvados, Cartes et plans), URL consultato il 21 febbraio 2017. L'elaborato autografo si articola in quattro parti. A destra, la mappa del territorio comunale in scala 1:5000, con le seguenti voci di legenda: le parti edificate, gli arativi - seminativi, gli orti - frutteti - giardini, in prossimità delle case, poi puntualmente con A_ il Pont (pianta, prospetto, sezione quotati, in alto a sinistra), collocato tra B e C; B_ il Bacino in costruzione (il primo dopo l'avamporto); C_ Posizione della darsena in progetto; D_ il Cantiere per la costruzione delle imbarcazioni; E_ il Cantiere «des Ponts et chaussées» (del Genio civile). A sinistra una descrizione «Notice» di Port-en-Bessin, secondo i punti: Condizione, Popolazione, Superficie, Natura del suolo, Religione, Istruzione, Storia. Ancora, in alto a desta del Pont, per la «Eglise» il rilievo del particolare dell'arco che separa la navata dal coro (prospetto e pianta, non quotati).

[Poplu 1878b] G.(?) Poplu, Plan terrier de la fosse de Soucy-à-la-Mer, et Profil depuis le Fosse du Soucy jusqu'à 4 kilom en mer, 1878, in archives.numerisees.calvados.fr (Les Archives Départementales Calvados, Cartes et plans), URL consultato il 21 febbraio 2017. Questo elaborato autografo comprende la Planimetria del territorio tra la Fosse du Soucy (quota 14 m), a sud del Mont Calvin (quota 35) e la costa (a quota 5 m) disegnata in scala 1:10000 e il relativo Profilo altimetrico e batimetrico, con andamento nord-sud in scala 1:1000, che si prolunga in mare (fino alla quota di - 22,5 m). Ovviamente il rilievo, che si estende ad un ambito sovraccomunale, è da ritenersi legato al precedente [Poplu 1878a], tanto da essere una sorta di inquadramento territoriale, anche se è evidente lo specifico tema idrogeologico.

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