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Giuditta II & Venezia


Nell'ottobre 2015 il quadro di klimt, che in questo periodo di festività natalizie 2016 - 2017 è ammirabile presso il Centro Candiani, era agli onori della cronaca perchè il sindaco ipotizzava la sua vendita per contribuire al risanamento delle casse comunali. Non sappiamo quale percorso logico - mentale abbia consentito di arrivare all'odierno evento culturale nel cuore cittadino di Mestre. Ne siamo entusiasti, come se fosse una nuova acquisizione, che ricalca quella fortunata del 1910, un vero investimento che andò ad arricchire il patrimonio di Ca' Pesaro. Ben spese quelle novemilanovecento lire di allora. [AB 2016]

Annotiamo di seguito alcune delle didascalie che compaiono sui pannelli della mostra, la cui lettura preventiva senza dubbio invita alla visita. [MM 2016]

Non esaltante l'allestimento delle oltre ottanta opere che compongono la mostra, per non parlare del percorso di accesso che forse meritava una maggiore sottolineatura, magari con un'estensione dell'allestimento. Non si vede la "regia della mostra". [AT 2016]

Merita il catalogo, con numerosi contributi e il saggio di Gabriella Belli [GB 2016], anche se non è del tutto condivisibile la pesante confezione editoriale, che ha inciso nel prezzo di vendita.

Giuditta eroina, mito e antichità

Giuditta è una delle più celebri donne bibliche. Giovane vedova ebrea, decide con coraggio di salvare il suo popolo dalla minaccia di Oloferne, il generale assiro di Nabucodonosor che assediò la città di Betùlia [antica città della Palestina centrale, a sud della piana di Esdrelon, si veda Sandro Botticelli, Il ritorno di Giuditta a Betulia, 1472 circa, tempera su tavola, 31 x 25 cm, Galleria degli Uffizi - Firenze]. Giuditta è sola combattere il terribile condottiero, sola nell’accampamento nemico per salvare la città di Betùlia. Sola, ma con Dio nel cuore, Giuditta conosce la potenza dell’unica arma su cui può fare affidamento, la sua bellezza. Seduce Oloferne e, mentre il generale giace ebbro nella sua tenda, lo uccide tagliandogli la testa. Le sue gesta sono narrate nei sedici capitoli a lei intitolati dell’Antico Testamento e la sua figura ha sempre avuto un alto valore esemplare, come simbolo della Virtù che trionfa sul Male. È una delle più antiche incarnazioni dell’eroismo femminile. Casta seduttrice, riesce a sedurre Oloferne con l’inganno. La sua viicenda è anche simbolo della fedeltà di Dio al suo popolo, che nella continuità del racconto biblico viene messo alla prova, ma mai abbandonato dal Signore. Come rivela l’etimologia del nome (Giuditta = giudea), l’eroina personifica la nazione stessa. [GB 2016]

Giuditta nella Bibbia

La sua condizione

4 Giuditta era rimasta nella sua casa in stato di vedovanza ed erano passati già tre anni e quattro mesi.

5 Si era fatta preparare una tenda sul terrazzo della sua casa, si era cinta i fianchi di sacco e portava le vesti della sua vedovanza.

6 Da quando era vedova digiunava tutti i giorni, eccetto le vigilie dei sabati e i sabati, le vigilie dei noviluni e i noviluni, le feste e i giorni di gioia per Israele.

7 Era bella d'aspetto e molto avvenente nella persona; inoltre suo marito Manasse le aveva lasciato oro e argento, schiavi e schiave, armenti e terreni che ora continuava ad amministrare.

8 Né alcuno poteva dire una parola maligna a suo riguardo, perché aveva grande timore di Dio.

(Antico Testamento, I libri storici, Giuditta 8, 4 - 8)

Uccide Oloferne

6 Infatti il loro capo non fu colpito da giovani, né lo percossero figli di titani, né alti giganti l'oppressero, ma Giuditta, figlia di Merarì, lo fiaccò con la bellezza del suo volto.

7 Ella depose la veste di vedova per sollievo degli afflitti in Israele, si unse il volto con aromi, 8 cinse i suoi capelli con un diadema e indossò una veste di lino per sedurlo. 9 I suoi sandali rapirono i suoi occhi, la sua bellezza avvinse il suo cuore e la scimitarra gli troncò il collo.

(Antico Testamento, I libri storici, Giuditta 16, 6 - 9)

Giuditta nell’arte

La grande fortuna iconografica di Giuditta attraversa i secoli. Gli artisti ne esaltano l’ispirazione divina, l’audacia, la virtù e l’avvenenza. È accompagnata dagli attributi della spada, dei gioielli, della serva fedele e della testa di Oloferne. I codici del XIII e XIV secolo sono tra le prime testimonianze del mito di Giuditta, utilizzato come esempio di punizione per gli infedeli. Nelel città italiane del Rinascimento il suo personaggio viene letto in chiave politica, come simbolo delle virtù civiche e della sete di libertà contro la tirannia. Nella dimensione privata, invece, Giuditta ha la grazia seducente della donna angelicata e incontaminata, almeno fino alla cruda raffigurazione che ne dà il pittore Caravaggio (Milano, 1571 - Porto Ercole, 1610) nel 1598-9 circa. Il realismo della sua composizione mostra, per la prima volta con tanta fiera crudeltà, l’atto tremendo della decapitazione di Oloferne. In quel XVII secolo – in cui la Chiesa stessa invoca esempi di fortitudine che sollecitino nei fedeli emozioni, imitazione e empatia – sono molti i pittori della cerchia di Caravaggio a cimentarsi con il soggetto. Nelle rappresentazioni di Artemisia Gentileschi (Roma, 1593 - Napoli, 1653), Johann Liss (Oldenburg in Holstein, Germania, 1597 - Verona, 1631), Francesco Cairo (Milano, 1607 - 1665), Giuditta non esita, è robusta, forte, una donna che è uscita dal mito e fa i conti con la storia.

Altre Giuditta nella pittura (oltre le nominate)

- Andrea Mantegna, Giuditta e l'ancella con la testa di Oloferne, 1495 circa, Washington, National Gallery of Art

- Andrea Mantegna, Giuditta con la testa di Oloferne, 1495, Dublino, National Gallery of Ireland

- Andrea Mantegna, Giuditta con la testa di Oloferne, 1495-1500, Montreal, Museum of Fine Arts

- Giorgione, Giuditta con la testa di Oloferne, 1504 circa , San Pietroburgo, Ermitage

- Tiziano, Giustizia o Giuditta, 1508 circa, Venezia, Ca' d'Oro

- Michelangelo Buonarroti, Giuditta con la serva e il capo di Oloferne, 1508-12, Cappella Sistina

- Correggio, Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne, 1510 circa, Strasburgo, Musée des Beaux-Art

- Lucas Cranach il vecchio, Giuditta con la testa di Oloferne, 1530 circa

- Agostino Carracci, Ritratto di dama come Giuditta, 1590-1595, collezione privata

- Michelangelo Merisi da Caravaggio, Giuditta e Oloferne, 1599, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini

- Artemisia Gentileschi, Giuditta che decapita Oloferne, 1612-1613, Napoli, Museo di Capodimonte

Cristofano Allori, Giuditta con il capo di Oloferne, 1613, Palazzo Pitti, Firenze

- Artemisia Gentileschi, Giuditta con la sua ancella, 1618-1619, Firenze, Galleria Palatina

- Artemisia Gentileschi, Giuditta che decapita Oloferne, 1620 circa, Firenze, Galleria degli Uffizi

- Johann Liss, Giuditta nella tenda di Oloferne, 1622

- Artemisia Gentileschi, Giuditta con la sua ancella, 1625-1627, Detroit, Institute of Arts

- Mattia Preti, Giuditta e Oloferne, 1656

- Luca Giordano, Trionfo di Giuditta, 1703-1704, Napoli, Certosa di San Martino, Cappella del Tesoro

- Francesco Solimena, Giuditta mostra la testa di Oloferne, 1728-33

- Giulia Lama, Giuditta e Oloferne, 1730-40

- Ludovico Stern, Giuditta e Oloferne, 1753

- Paul Albert Steck, Giuditta, 1900 circa

- Gustav Klimt, Giuditta I, 1901

- F. von Stuck, Giuditta, 1927

Giuditta sullo schermo

Presso la mostra è disponibile un video che raccoglie frammenti di film girati tra il 1910 e il 1920, attorno a tre motivi: la danza come esaltazione dell’eros, il bacio come certificazione della passione e attrazione fatale e la decapitazione / castrazione come climax drammatico e vendetta trionfale di Giuditta. L’eroina biblica diventa una guida nell’irresistibile ascesa delle nuove Eve fatali nel firmamento del Divismo. I corpi e i volti di alcune Dive (Asta Nielsen [Vesterbro, Copenhagen, Danimarca, 1881 - Frederiksberg, 1972], Lyda Borelli [Rivarolo, 1884 - Roma, 1959], Francesca Bertini [Firenze,1892 - Roma, 1985], Pina Menichelli [Castroreale, 1890 - Milano, 1984], Blanche Sweet [Chicago, 1896 - New York, 1986], Theda Bara [Cincinnati, 1885 - Los Angeles, 1955], Musidora [Parigi, 1889 - 1957], Alla Nazimova [Jalta, 1879 - Los Angeles, 1945]) sembrano imprimersi nell’immaginario collettivo e celebrano alcuni modelli femminili emergenti, il cui albero genealogico viene da lontano. La potenza magnetica degli sguardi e l’erotismo dei corpi assoggettano le vittime, raccontando la metamorfosi di creature angeliche in oscure potenze infernali. Esseri in cui bene e male convivono, le donne tigri, serpente, libellula o farfalla accendono nelle vittime il fuoco del desiderio che si estingue solo con la morte e trasmettono l’idea che il paradiso è nel loro corpo, dove l’estasi di un attimo vale la dannazione eterna.

(a cura di Gian Piero Brunetta con la collaborazione di Mirco Melanco, Tommaso Brugin, Denis Lotti)

Giuditta II di Gustav Klimt

Nell’ottobre 1910 apre a Venezia la IX Biennale. Una sala è dedicata alla mostra di ventidue opere dell’artista viennese Gustav Klimt e tra queste c’è anche Giuditta II (Salomè). È un’opera rivoluzionaria, che interpreta il mito tradizionale in chiave del tutto nuova. Come scriveva Nino Barbantini (Ferrara, 1884 - 1952), allora direttore di Ca’ Pesaro (dal 1907, appena ventitreenne): «… la Giuditta del pittore novissimo è la Giuditta della storia terribile, piena di orrore e di ribrezzo, che ancora discinta dall’orgia, contrae la faccia e le mani; è la creatura starna, agitata tutta nell’anima e nei nervi dalla sua avventura e dall’omicidio, e che passa in mezzo alla guerra coll’immagine tragica davanti agli occhi, con il pericolo alle spalle ed ai fianchi». Giuditta II si distanzia a tal punto dalla tradizione che viene associata a Salomè e diventa immagine moderna, «frutto aspro della nostra civiltà frenetica e corrotta».

La sala di Klimt, la numero 10 nella pianta [CdV 1910] ha pochi sostenitori. Le sue opere sono criticate, ridicolizzate, ignorate. Tuttavia, a fine Biennale, la Commissione Acquisti del Comune propone al Sindaco di comprare un’opera dell’artista viennese. Così Giuditta II resta a Venezia ed entra nelle collezioni di Ca’ Pesaro, diventando oggi icona del museo e capolavoro celebrato dal pubblico e dalla critica internazionali. [CP 2016]

La bellezza duale in Baudelaire

“Vieni dal ciel profondo o l’abisso t’esprime,

Bellezza? Dal tuo sguardo infernale e divino

piovono senza scelta il beneficio e il crimine […]

Venga tu dall’inferno o dal cielo, che importa,

Bellezza, mostro immane, mostro candido e fosco,

se il tuo piede, il tuo sguardo, il tuo riso la porta

m’aprono a un Infinito che amo e non conosco?

Arcangelo o Sirena, da satana o da Dio,

che importa, se tu, o fata dagli occhi di velluto,

luce, profumo, musica, unico bene mio,

rendi più dolce il mondo, meno triste il minuto?”

Charles Baudelaire (Parigi, 1821 - 1867), “Hymne à la Beauté”, Les Fleurs du mal, 1857

Gustav Klimt (Baumgarten, Vienna, 1862 - Vienna, 1918), Giuditta II, 1909, olio su tela, 178 × 46 cm, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro - Venezia. Dettaglio, in basso a sinistra, della firma e della datazione

Giuditta o della seduzione

Con Klimt, Giuditta non è più un’eroina della storia, non è una salvatrice, non è casta, piuttosto è una donna che ha scoperto la propria sessualità, che rifiuta la propria marginalità sociale, che ha disceso il dell’inconscio scoprendo, grazie a Sigmund Freud (Freiberg, 1856 - Hampstead, Regno Unito, 1939), le proprie più intime pulsioni. La liberazione dell’arcaica ostilità verso l’uomo avviene in Giuditta attraverso l’uso delle armi femminili, il fascino e la seduzione. La minaccia della castrazione che si perpetua a ogni apparire di Giuditta – la testa tagliata non è forse il simbolo della cancellazione dell’identità e della perdita del potere? –, prende il sopravvento sulle buone intenzioni dell’eroina ebrea, che si assicura il primato di peccatrice e seduttrice della storia dell’arte. Il passaggio da una formulazione eroica (quella di Caravaggio per intenderci) a una psicanalitica (come avviene nell’opera di Klimt) richiede un cammino di deflorazione del mito, che viene via via privato di molte virtù morali. Per lasciare spazio a una figura ambigua, insieme seduttrice e assassina, femme fatale e vendicatrice. Ecco dunque un esercito di seduttrici crudeli, protagoniste del simbolismo in pittura e letteratura, sirene irresistibili, donne vampiro dai capelli rossi che avvolgono l’uomo come tentacoli, tagliatrici di teste seducenti o dominanti, anche nella contemporaneità più concettuale, che ha metabolizzato il mito di Giuditta in un ironico, sempre contradditorio, gioco tra i sessi.

Altre Giuditta

Leda, Europa, Io, Dione, Danae sono alcune tra le molte figure femminili che Zeus seduce trasformandosi di volta in volta secondo sembianze diverse (cigno, toro, nuvola, pioggia d’oro). Artisti e letterati di ogni tempo si ispirano al suo mito per raccontare storie sempre nuove di metamorfosi e seduzione.

Vittorio Emanuele Bressanin (Musile di Piave, 1860 - Venezia, 1941), Modestia e Vanità - Figure allegoriche femminili e paesaggio campestre con lago, 1899, tempera su tela, 135 x 235 cm, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro - Venezia

Venezia guarda

Il muranese Vittorio Zecchin (1878 - 1947) crea a Venezia un laboratorio artistico che prende spunto dalle idee sviluppate nel mondo delle Wiener Werkstätte, le officine di produzione che nascono con la secessione viennese, e di cui Klimt è anima e ispirazione. Anche Zecchin, come i colleghi d’oltralpe, esprime la sua creatività e l’eclettismo della sua sensibilità nei materiali e nelle tecniche più diverse, dalla decorazione, ai dipinti, gli arazzi, i vetri e gli elementi di arredo. Splendido esempio della sua produzione più alta sono i pannelli con i racconti de Le Mille e una notte, creati nel 1914 per la sala da pranzo dell’Hotel Terminus e Viaggiatori a Venezia. Nel ciclo decorativo, che si inserisce nell’alveo delle prove di Cesare Laurenti [Mescola, Ferrara, 1854 - Venezia, 1936], Aristide Sartorio [Roma, 1860 - 1932] e Galileo Chini [Firenze 1873 - 1956], entrano materiali che richiamano direttamente il clima della Secessione, come l’oro. L’influenza di Klimt a Venezia è evidente anche nei vestiti delle principesse e dei cavalieri, che popolano le atmosfere fiabesche del racconto, e nel trattamento degli sfondi, con motivi floreali e una ricchissima decorazione a tessere e murrine, che uniscono la tradizione veneziana alle influenze secessioniste.

“Occorre insistere a questo proposito su di un concetto elementare;

l’arte di Gustavo Klimt non ha niente di comune con tutto il resto dell’arte moderna.

La pittura di Gustavo Klimt ricomincia la storia della pittura; ecco la verità. […]

L’arte di Gustavo Klimt non apprezzata oggi, avrà dall’avvenire una sicura rivincita.”

Gino Damerini (1881 - 1967), Gustav Klimt, Gazzetta di Venezia, 23 aprile 1910

“La Giuditta partecipa dell’immaginario romantico. In verità, ella incarna perfettamente il personaggio della ‘femme fatale’ cara agli scrittori contemporanei, simbolo al tempo stesso della seduzione della carne, delle forze dell’istinto e del terrore della castrazione.”

Théophile Gautier (Tarbes, Francia, 1811 - Neuilly-sur-Seine, 1872), Salon de 1847

 

Attorno a Klimt Giuditta, eroismo e seduzione

Mostra a cura di Gabriella Belli, Direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia, con la collaborazione di Elisabetta Barisoni

• Progetto di allestimento Pier Luigi Pizzi (architetto - Milano, 1930)

• Coordinamento generale Elena Marchetti

• Realizzazione dell’allestimento Giacomo Andrea Doria per OTT ART

fino al 5 marzo 2017 al Centro Culturale Candiani Mestre, secondo piano

Catalogo a cura di Gabriella Belli, Edizioni Linea d’Acqua, 2016, con interventi di Gabriella Belli, Flavio Caroli, Gian Piero Brunetta, Elisabetta Barisoni, Elena Marchetti e Matteo Piccolo

Incontri di approfondimento: 19 gennaio 2017, ore 18, con Gabriella Belli - 16 febbraio 2017, ore 18, con Vittorio Pajusco - 3 marzo 2017, ore 18, con Flavio Caroli

 

Riferimenti

[GB 2016] Gabriella Belli, Chi ha paura di Giuditta? [estratto del saggio in Attorno a Klimt. Giuditta, eroismo e seduzione, catalogo della mostra, Venezia, Lineadacqua, 2016, pp. 9 - 15], in visitmuve.it, URL consultato il 30 dicembre 2016

[AT 2016] Arianna Testino, Un regista di mostre. Parola a Pier Luigi Pizzi, 10 novembre 2016, in artribune.com, URL consultato il 30 dicembre 2016

[MM 2016] Massimo Mattioli, Venezia chiama Mestre. Ecco le immagini della Giuditta di Klimt in mostra al Centro Candiani, 13 dicembre 2016, in artribune.com, URL consultato il 30 dicembre 2016

[AB 2016] Alessandro Bullo, Gustav Klimt, Giuditta II (Salomè) – Cà Pesaro, 10 gennaio 2016, in venicecafe.it, URL consultato il 30 dicembre 2016

[CdV 1910] IX Esposizione Internazionale d'Arte della città di Venezia, 1910, Catalogo illustrato, Venezia, Premiate Officine Grafiche C. Ferrari, 1910, in facebook.com, EUT Edizioni Università Trieste, URL consultato il 30 dicembre 2016

[CP 2016] MUVE - Fondazione Musei Civici Venezia, scheda on line dell'opera, in archiviodellacomunicazione.it, URL consultato il 30 dicembre 2016

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