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I tigli di Werther

Per tutto il Libro primo Werther vaga solo per la campagna. Dove i fatti si enucleano gli alberi compaiono con la precisa citazione.

Filippo il figlio maggiore della donna che torna dal paese dopo gli acquisti porge al fratello «un ramo di nocciolo» (pag. 39). Sono i ragazzi dell'episodio segnato dalla presenza dell'aratro, che provocò l'«emozione pittorica» (pag. 38)

Fonte dell'immagine: Francesca Raviola, Rileggere Werther, 16 0ttobre 2015, in The Lark and the Plunge, URL consultato l'8 settembre 2016

Con Carlotta in visita al parrocco di St. «un paesetto isolato tra le montagne ad un'ora da qui», la canonica è «ombreggiata da due alti alberi di noce» (pag. 54) E denuncia «non potevo trattenermi dall'ammirare gli stupendi alberi di noce che ci davano tanta gradevole ombra» tanto che il parrocco gli racconta la loro storia (pag. 54) Un anno dopo avrà la notizia del loro abbattimento, in sintonia con lo sviluppo del romanzo. «C'è da diventar pazzi, Guglielmo, pensando che vi sono uomini incapaci di comprendere e di sentire il poco che ha ancora valore sulla terra. Ricorderai gli alberi di noce sotto i quali mi sedetti con Carlotta quando andammo dal buon pastore di St. "... stupendi alberi che, Dio lo sa, mi riempivano del più puro piacere. Quale pace, quale frescura diffondevano sulla parrocchia! Quali splendidi rami! O sacro ricordo del buon pastore che tanti anni fa li aveva piantati! [...] Il maestro, dicendomi ieri che li hanno abbattuti, aveva le lacrime agli occhi. Abbattuti! C'è da diventare pazzo, vorrei uccidere quel cane che ha vibrato il primo colpo di scure. Io che potrei morire se, avendo una coppia di alberi simili nel mio giardino, uno morisse di vecchiaia, io devo vedere una cosa simile! Eppure caro Guglielmo, c'è qualcosa che rimane! Rimane ciò che si chiama sentimento! L'intero villaggio è in agitazione, [...]» (pag. 108)

Nella frequentata terrazza di Carlotta esposta verso il tramonto, da dove si vedeva la «diletta valle» ci sono «grandi castagni», ma ci sono anche le «alte pareti di faggi che cingono ai lati il viale, reso ancora più ombroso da un boschetto finitimo, fino al termine costituito da un chiuso spiazzo [...]» (pag. 81-2)

Non poteva mancare «lo sguardo verso il posticino dove m'ero riposato con Carlotta, all'ombra di un salice, durante una accaldante passeggiata estiva!», albero che non riuscirà a vedere dopo l'esondazione del fiume (pag. 127). Prima esso scorreva «simile a un serpente, tra gli spogli salici» parte della natura che si mostra «come un dipinto colorato» (pag. 113)

Un posto a parte merita il frutteto frequentato a fine agosto «E' un estate meravigliosa; spesso do la scalata agli alberi da frutto nel giardino di Carlotta, e con una lunga pertica giungo alle pere sulla cima. Ella sta ai piedi dell'albero, e le prende quando le butto giù» (pag. 79)

Ma è il tiglio l'albero protagonista del micropaesaggio che ospita i fatti, che è il contraltare del «vasto paesaggio» (pag. 51)

«26 maggio [1771]. Tu conosci da tempo la mia abitudine di costruire, di erigere a caso in qualche posto tranquillo una capanna, e di vivere lì con ogni semplicità. Anche qui ho trovato un posticino, che mi è convenuto. Ad un’ora circa dalla città c’è un luogo chiamato Wahlheim. E’ situato in una interessante posizione, in cima ad una collina: uscendo per il sentiero che conduce al villaggio, si scopre all’improvviso l’intera vallata. Una buona ostessa, vivace e piacevole nonostante l’età, offre vino, birra, caffè; e, ciò che importa di più, è la presenza di due tigli che con i loro larghi rami coprono la piazzetta dinanzi la chiesa, stretta tutt’intorno da case di contadini, da granai e cortili. Non ho mai trovato luogo più intimo e appartato; lì, mi faccio portare dall’ostessa tavolino e seggiola, bevo il mio caffè e leggo Omero. La prima volta che capitai per caso sotto i tigli in un bel pomeriggio trovai il luogo solitario. Erano tutti nei campi; […]» (pag. 36-37)

Wahlheim è «ad una sola mezz'ora distante da lei [Carlotta]» (pag. 51 e 65), luogo di passeggiate (pag. 51)

26 maggio [1771]. «[A Wahlheim] Una comitiva era riunita a bere il caffè soto i tigli; poichè mi andava poco a genio rimasi in disparte con un pretesto.» (pag. 40)

10 settembre [1771]. «[Carlotta e Alberto] Si allontanarono lungo il viale ed io rimasi immoto, seguendoli con lo sguardo nel chiarore della luna, poi mi gettai per terra e piasi, poi mi alzai di botto e corsi sulla terrazza [di casa di lei], all'ombra dei grandi tigli, e potei vedere ancora da lontano la sua vesta bianca spiccare luminosa presso il cancello del giardino; tesi le braccia, ella scomparve.» (pag. 84)

Caspar David Friedrich, Un uomo e una donna in contemplazione della luna (particolare), 1819, olio su tela, Berlino, Alte Nationalgalerie. Fonte dell'immagine: voce in wikipedia, URL consultato l'8 settembre 2016

«9 maggio [1772]. Sono tornato nella mia patria con la devozione di un pellegrino e sono stato colto da sentimenti inattesi. Giunto presso il grande tiglio che sorge a un quarto d'ora dalla città, presso S., ho fatto fermare la carrozza, sono disceso e ho mandato avanti il postiglione per godere, a piedi, a mio agio, secondo il cuore, il flusso dei ricordi. Mi sono fermato sotto il tiglio che una volta, da ragazzo, era la meta e il confine delle mie passeggiate.» (pag. 98)

4 agosto [1772]. «Sono andato in cerca della mia buona donna, sotto il tiglio.» (pag. 102)

Dopo il 6 dicembre 1772, secondo le parole dell'editore «Si avviò in fretta verso Wahlheim. Tutti i suoi ricordi gli si affollarono alla mente, e non dubitò affatto che il colpevole fosse quel giovane al quale aveva spesso rivolto la parola, e che gli era divenuto caro. Mentre passava sotto i tigli per recarsi alla taverna, dove il corpo era stato deposto, fu preso dal terrore alla vista di quei luoghi, che gli erano cari. […] I grandi alberi erano senza fronde e bianchi di brina, le belle siepi che si protendevano sull'umile muro del cimitero erano spoglie, e attraverso i rami nudi si vedevano le pietre sepolcrali coperte di neve.» (pag. 123-4)

• Johann Wolfgang Goethe, I dolori del giovane Werther, 1993, Biblioteca Economica Newton, Roma

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