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Le ninfee di D'Annunzio

La flora acquatica di D’Annunzio, ne Le Vergini delle Rocce (1895) diventa una «innumerevole greggia di ninfee» (pag. 137) che ricopriva il fiume Saurgo [«rilucente per sinuosità innumerevoli»(pag. 50)], dove «largo e lento somigliava quasi a uno stagno», era un «immenso candore di corolle vive». (pag. 138)

Gabriele D’annunzio, Fonte dell’immagine: Gaia Ricci, 12 marzo 1863: nasce il “Poeta Vate” Gabriele D’Annunzio, in www.openmag.it , URL consultato il 7 settembre 2016

Claudio Cantelmo, giovane aristocratico romano, sta conducendo sul fiume «una piccola scafa» guidata «con l’unico remo» in compagnia di Massimilla, una delle tre vergini, quella che «prega» (pag. 51-52). Le altre due sorelle Montaga Violante, quella che «si uccide coi profumi» e Anatolia, «quella che ci fa vivere» con Oddo sono su «altri battelli condotti da navalestri» (pag. 137).

«Il naviglio scorreva su la nivea greggia lievemente: pel solco i calici e le foglie ondeggiavano lasciando scorgere nella limpidità cristallina la pallida selva degli steli, pallida e pigra come se la nutrisse il limo letèo.» (pag. 138)

Le acque invadono l’abside della basilica diruta di Linturno [«una massa biancastra di rovine» (pag. 50)] e «una moltitudine di ninfee, più ampie e più bianche di quelle su cui avevamo navigato, si addensava come in adorazione a piè della grande Madonna musiva che sola occupava il concavo cielo d’oro.» (pag. 139)

La ruina di Linturno vista dall’alto in compagnia di Anatolia era «simile ad un mucchio di pietre bianche, simile a un lembo scoperto del greto, in mezzo alle dolci acque morte». (pag. 143)

E al tramonto il giorno della gita in barca «un riflesso roseo appena percettibile cadeva dal cielo vespertino su l’innumerevole candore.» (pag. 140)

«Intorno a noi, su l’acqua scorsa da un leggero brivido, le corolle vive si chiudevano con un moto quasi labiale, esitavano per qualche istante, si ritraevano, si sommergevano, scomparivano sotto le foglie, l’una dopo l’altra o insieme a gruppi, come se dal profondo una virtù sonnifera le attirasse. Larghe plaghe rimanevano deserte, ma talvolta quivi nel mezzo una sola ninfea s’attardava effondendo la sua estrema grazia in quell’indugio. Una vaga malinconia fluttuava su l’acqua nel punto ove scompariva ciascuna delle ritardanti. E sembrava, allora, che pel grande e dolce fiume roseo incominciassero a vaporare i sogni notturni della moltitudine sommersa.» (pag. 141)

In un altro momento Claudio aveva fatto osservare a Massimilla, intenzionata a ritirarsi in convento, come la «rete mobile delle ombre che fa sul terreno il fremito dele foglie e quella che fa su la parete il raggio riverberato dall’acqua tremolante» fossero «l’una azzurra, l’altra d’oro per cullare la [sua] malinconia.» (pag. 106)

Immagine letteraria che introduce le tele di Claude Monet, indicando i due piani costituiti dal «terreno» e dalla «parete», come quadri per la prospettiva, esito della luce e delle «ombre» per il primo e dell’ «acqua» riflessa per la seconda.

Félix Nadar, Claude Monet al lavoro alle Ninfee, 1899. Fonte dell’immagine : Alessia Agnoletti, Monet Le Ninfee, Accademia di Belle Arti di Ravenna, URL consultato il 7 settembre 2016

• Gabriele D’Annunzio, Le Vergini delle Rocce, 1995, La Biblioteca Ideale Tascabile, Opportunity Books

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