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La bellezza in architettura è indispensabile

Mario Soldati (Torino, 1906 - Tellaro, 1999) lancia un messaggio sull'architettura di tutti i giorni, quella che si poteva vedere passando per le vie di città, cittadine e paesi, nell'Italia dei primi anni Sessanta. E' di cocente attualità!

«Lo spettacolo dell'architettura moderna mi meraviglia e mi scandalizza sempre più. Non parlo di alcuni momumenti eccezionali, come le opere del Nervi [ingegnere, tra l'altro collaborò con Le Corbusier e Louis Kahn (Sondrio, 1891 – Roma, 1979), ndc] o il grattacielo Pirelli [opera dell'architetto Gio Ponti (Milano, 1891 – 1979), e altri tra cui lo stesso Nervi, costruito tra il 1956 e il 1961, ndc] e la torre Galfa [grattacielo di Milano, progettato dall'architetto Melchiorre Bega (Crevalcore, 1898 – Milano, 1976) nel 1956 e terminato nel 1959, ndc]: e neppure di stabilimenti industriali, aeroporti, stazioni ferroviarie, stadi, eccetera, tutti edifici la cui destinazione è ben definita, l'uso è preciso, e il risultato estetico non è quasi mai sgradevole. No. Parlo delle case qualunque di abitazione. Parlo dei palazzi, in serie o no, per borghesi, impiegati ed operai, che sono stati innalzati, durante questi ultimi dieci anni, in tutta Italia, dal nord al sud, nelle città, nelle cittadine, perfino nei paesi. E l'effetto, per la grandissima maggioranza degli esempi che ho avuto sott'occhio o ogni giorno mi trovo davanti, è semplicemente mostruoso.

Ma ciò che meraviglia e mi scandalizza non è tanto questa mostruosità quanto la sua assoluta initilità, o mancanza di ragione e di funzione. Evidentemente si tratta dello stesso fenomeno. certi balconi curvi, certe facciate dipinte a rettaangolucci di vario colore, certi pannelli di vetro-cemento, insomma i perspicui elementi di quelle facciate sono orribili proprio perchè non servono a niente.

E mi domando, allora, come mai il pubblico dei cittadini sia, con gli architetti, così paziente, così indulgente, così poco esigente. Pittori, scrittori, cinematografari, canzonettisti che fossero, nei loro rispettivi campi, opere altrettanto assurde e ripugnanti di quei palazzi, sarebbero fischiati senza pietà, andrebbero incontro a inevitabili insuccessi. Invece, i signori architetti incontrano crescente fortuna. Il pubblico soffre, sospira, passa lungo le spaventose facciate incassando la testa nelle spalle, torcendo lo sguardo, cercando di non vedere o di non pensarci, e tira via. I critici d'arte non se ne occupano. E il brutto trionfa, indisturbato. Come mai?

Penso che il motivo di questa longanimità generale verso gli architetti sia un'altra profonda ipocrisia della nostra società. Si crede, o si fa finta, si trova comodo credere, che uno spettacolo o una lettura sieno superflui, o comunque meno necessari di una casa: e, quindi, che possano essere giudicati con maggiore severità. Si crede o si fa finta, si trova comodo credere, che da una casa si possa pretendere, in sostanza, soltanto di stare in piedi e di non lasciar passare la pioggia. Si crede, o si fa finta, si trova comodo credere, che la bellezza o la grazia di un edificio sieno indipendenti, sieno separabili dalla sua funzione materiale e sociale.

Ma la storia dell'arte ci insegna che è proprio vero il contrario. Tutti gli stili architettonici del passato, tutti, daipiù alti ai più umili, dal Partenone alla "pinnetta" del pastore sardo [antiche costruzioni pastorali di forma conica, in pietra o in legno, ndc], ebbero, più che un profondo rapporto, una vera e propria consustanzialità religiosa, sociale, economica, con la vita pratica.

In altre parole, e sempre per rifarci ai due esempi che abbiamodetto, opposti, estremi e tuttavia concordi: quei monumenti e quei tuguri erano semplici, armonici, belli perchè non potevano non esserlo: perchè la concezione della vita, nella civiltà greca, era un tutto inscindibile: così pure nella civiltà pastorizia postnuragica.

Ed i nostri palazzi, a mille a mille, sono tutti orrendi soltanto per questo: perchè abbiamo perso questo centro unitario, e crediamo che la bellezza non sia indispensabile. La crediamo un'apparenza, e non una sostanza: un fiore staccato e superfluo, e non la radice del mondo.» [MS 1962]

Fonte dell'immagine: Italia 61 - Mostra delle Regioni Padiglione Unitario, costruzione: Carlo Casati, allestimento e progettazione "antenna dei cento anni": Erberto Carboni, in italia61.it , URL consultato il 9 novembre 2016

Soldati ebbe almeno uno scambio di opinioni con Nervi in occasione della produzione del servizio televisivo Il cantiere di Italia '61 di Claudio Capello, dove vengono intevistati, oltre i citati, Giovanni Agnelli, Nello Renacco, Carlo Casati, Erberto Carboni, Adrio Casati. [CC 1961] E' stato possibile rivedere il filmato nell'ambito della rassegna cinematografica "Il Lingotto e Italia ’61 - Geografia e storia di un’area urbana nel cinema" a cura dell' Archivio Nazionale Cinema d’Impresa, tenutasi a Torino nel novembre 2011.

In occasione di Italia '61 Soldati curò la Mostra delle Regioni assumendo la direzione delle esposizioni organizzate nell'apposito Padiglione. I padiglioni per la Mostra furono progettati da Nello Renacco (Torino, 1915-1978), mentre gli allestimenti sono stati singolarmente pensati. Per il Veneto ci si avvalse di Carlo Scarpa.

Per il Pirelli basti dire che nel film La notte di Antonioni, i titoli di testa scorrono sulla facciata del grattacielo, con il sottofondo della musica jazz di un musicista milanese, Giorgio Gaslini. [MA 1961] «Lì si condensa l’identità non solo di Milano, ma di un’intera nazione nel momento del boom economico» [LM + AB 2012].

La torre Galfa qualche anno dopo sarà in La vita agra di Carlo Lizzani [CL 1964] l'obiettivo, nel romanzo del 1962 di Luciano Bianciardi che firma il soggetto del film, era ancora il Pirelli, ma la regia vuole la torre di Melchiorre Bega.

 

[MS 1962] Mario Soldati, Viviamo tra facciate orrende e le sopportiamo, «Il Giorno» 24 marzo 1962, ora in Mario Soldati (a cura di Bruno Falcetto), America e altri amori, Arnoldo Mondadori editore - I meridiani, Milano 2011, p. 641 - 643.

[CC 1961] Claudio Capello, Il cantiere di Italia '61, 1961, durata 28 minuti, in b/n.

[MA 1961] Michelangelo Antonioni, La notte, lungometraggio, 1961, durata 115, in b/n, pluripremiato. Per i luoghi all'epoca, si veda squadravolanteligera.com , URL consultato il 9 novembre 2016

[LM + AB 2012] Laura Montedoro, Milano nello sguardo del cinema - Conversazione con Alberto Saibene , 13 Dicembre 2012, in doppiozero.com, URL consultato il 9 novembre 2016

[CL 1964] Carlo Lizzani, La vita agra, 1964, durata 100, in b/n

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